Dopo le elezioni amministrative,
il Movimento 5 Stelle è un döner kebab che gira e perde tranci di carne
volanti.
Parliamo di elettori, perlopiù da
scarti di macellazione, finiti per tutta una serie di coincidenze in un
insaccato che ne ha permesso la conservazione sotto spezie, ossa, grasso e
denti tritati.
Un mix incoerente di personalità
eversive, psicotiche e geneticamente extraparlamentari difficilmente può essere svuotato
senza incamerare scarti degli scarti. Delusi dal partito dei delusi, sfanculatori
dei partito dei vaffanculo.
Chiunque intenda nutrirsi di questa carne d’infima
qualità, tagliuzzata dal kebab e a malapena coperta dei suoi pessimi odori con qualche salsa da
voltastomaco, peggiorerà di gran lunga la sua proposta politica annegandola nel liquame cioccolatoso del populismo. Destra avvisata, mezza salvata.
Passata la fase delle polemiche
pre-e-post-elettorali nel PDL, occorre dismettere il falso problema della presenza
o assenza di Berlusconi nella campagna elettorale, di volta in volta evocato
per spiegare, ingigantire o minimizzare i risultati negativi della coalizione a
seconda delle esigenze di chi pontifica.
È da un paio di settimane che gli
organi d’informazione e di opinione, in qualche modo legati al centrodestra, puntano a far man bassa di ex grillini o dei grillini vacillanti in libera uscita dai ranghi, lanciando anatemi contro invasori teutonici e negroidi. I primi agirebbero per
mezzo della moneta unica europea, i secondi per mezzo di un ministro descritto
come una specie d’infiltrato per conto di uno stato estero. Siamo circondati,
secondo la storiella, da picconatori negri e da nazi-culone che vogliono farci
a pezzi. Sembra il plot di un monster movie di serie Z, invece è l'immaginario e la mitologia su cui il centrodestra e le sue ramificazioni stanno preparando i terreno per la campagna elettorale.
Evidentemente, ai teorici di questo nuovo-vecchio corso del centrodestra interessa proprio sottolineare quei temi che consentono un approccio politico più viscerale e demagogico, tipicamente grillino, che ha fatto la fortuna del Movimento 5 Stelle e che da sempre mantiene vivo il fascino "vintage" di certa destra sociale. Non si sa mai che qualche elettore cinquestelle torni all'originale o decida di optare per l'unica forza politica che possa riuscire a proporsi come più grillina dei grillini, tanto da far sembrare questi ultimi una pallida quanto inutile imitazione.
Qualcuno afferma che occorre
rimettere in lustro un identitarismo d’antan ed un genuino anteuropeismo. Negli
ambienti del centrodestra si pensa di pensionare Berlusconi riesumando, de facto, il MSI. Se c’è qualcosa di buono che Berlusconi è riuscito a fare (in compagnia di Gianfranco Fini) è
proprio l’affossamento e la “normalizzazione” della destra italiana in qualcosa
di vagamente proponibile nel quadro dei valori costituzionali. Adesso qualche
asso tra gli intellettuali italiani (che Berlusconi stesso non è riuscito a promuovere,
valorizzare e far crescere nel centrodestra) propone di spostare in senso antiorario le lancette
dell’orologio della politica.
Ogni giorno leggo frasi autorevoli quanto farneticanti a proposito di presunti tabù (descritti come "perbenisti" o "buonisti") da rompere. Grottesco, dal
momento che c’è una regressione trasversale che va dall’estrema destra all’estrema
sinistra all’estremo complottismo apolitico che da sempre e con crescente
insistenza straparla di tematiche che è semplicemente incapace di analizzare
quali l’integrazione europea, passando per la politica criminale, monetaria
e fiscale. Non esistono tabù con persone del genere. Domani si può uscire con
un titolone in cui parliamo dei neri come fossero una sottospecie di rettili divoratori di esseri umani senza destare nessun tipo di scandalo. Si potrebbe persino ipotizzare l’aggravante
di liberismo o il reato di genticidio (omicidio della gente da parte delle banche, banchieri, signori aggi o altri portatori di giacca e cravatta) senza che nessuno abbia qualcosa
da opporre. Anzi, c’è chi con cose del genere è capace di reinventarsi un’immagine,
una fede, un nome e una carriera da razzista-negro-ultranazionalista-in-Italia senza
rendersi nemmeno conto di essere una goffa e triste imitazione di Tilly, la
cameriera invidiosa di “Indovina chi
viene a cena?” che, davanti ad un medico di colore in una casa di bianchi, sbottava: “Signore salvaci, questa casa è invasa dai negri!”.
Non è ai casi umani e ai disadattati che occorre dare una risposta oggi, quanto a quei pezzi di società produttiva che hanno già votato per
una destra a vocazione maggioritaria solo per difendersi dall'aggressione
fiscale dei teorici dei “beni comuni” (o da quelli che, senza nemmeno un
briciolo di vergogna, adottano ancora la terminologia tradizionale: “comuisti”).
Non solo. Potrebbe essere una buona idea tenere sott'occhio i tanti che in quella destra hanno smesso di
credere o perché non ci si riconoscono affatto o perché sono nati troppo tardi
per poterne essere delusi.
A scanso d’equivoci è meglio
chiarire. L’euroscetticismo è legittimo e rispettabile, specie davanti a certi
modelli d’Europa. Quest’ultimo è cosa ben diversa, però, dall'antieuropeismo
agitato come grimaldello contro ogni prospettiva di apertura alla concorrenza e
alla modernizzazione dell’economia come della pubblica amministrazione.
Questione IMU. Ben venga la sua
sospensione. Meglio ancora se l’imposta venisse ripensata o eliminata. Ma spero che questa sorta di bandiera del centrodestra non diventi una pagliacciata.
Esistono diversi tipi di tributi, fette di una grande torta che rappresenta il
reddito ed il patrimonio di ciascun contribuente. L’IMU sulla prima casa ne
rappresenta le briciole. Parliamone pure, importante è non perdere di vista
tutto il resto e, soprattutto, non sacrificare il taglio delle imposte sulle attività
produttive, sul lavoro e la stessa IMU
sulle imprese, solo per l’ennesimo solletico alle rendite.
Il presidenzialismo o
semipresidenzialismo o qualsiasi altro genere di riforma istituzionale che dia
maggior potere all’esecutivo non può essere un modo per far vincere “a tavolino" qualcuno e governare, irresponsabilmente, a colpi di decisionismo
spendaccione. Tutto questo non può posporre il tema assolutamente prioritario
della riforma dei partiti e delle loro modalità di sostentamento e non può
ancora una volta risolversi in involuzioni centraliste. Al contrario, occorre
una autentica e piena federalizzazione del fisco, con un’inversione della proporzione
con cui i tributi vengono distribuiti tra enti locali e stato centrale. Tutto,
ovviamente senza voler affrontare in questa sede la questione dell’autodeterminazione
dei popoli italiani (che pur dovrà essere prima o poi oggetto di qualche
referendum, previa opportuna revisione della Costituzione), nell'ottica di una
responsabilizzazione dei singoli enti impositori e della conseguente
razionalizzazione della spesa pubblica, indispensabile per la riduzione delle tasse.
Sarebbe l’ora di uscire dai
falsi proclami di tagli alla spesa immaginari, che si risolvono solo in una
politica spendacciona fuori da ogni parametro e accordo sul debito pubblico (= tasse
pro futuro), come ha tranquillamente affermato di voler fare Berlusconi (non
temete, ritratterà). Ma sarebbe il caso anche di evitare di parlare di tagli e
di austerità, laddove trattasi di prodotti dell’immaginazione e della pura
retorica di chi, con campagne d’odio contro il neoliberismo (il cui unico "neo" è proprio la sua inesistenza), ha
costruito movimenti, proteste, girotondi, occupazioni, indignazioni e ha
portato fior di voti alle liste di certi filosofi del piffero, tra l'altro, bisognevoli di un buon logopedista.
La risposta alla complessità
delle metropoli e delle periferie del mondo globalizzato non può affondare tra
le pieghe di un’ideologia identitaria o nella exception culturelle di una
civiltà che si contorce per coprire le sue vergogne, in particolare, l’incapacità
di rendere competitivi e all'avanguardia i beni ed i servizi che ha intenzione
di offrire oltre alla sua concezione di Stato, arretrata ed incancrenita.
Occorre svelare le
interconnessioni tra policies di gestione dei flussi migratori e modelli di
welfare, in modo da affrontare una riforma dello stato sociale tenendo conto
della fattibilità, della convenienza e delle modalità d’intervento statale, anche per quanto riguarda l'incontro tra domanda ed offerta di lavoro con soggetti provenienti da stati esteri.
Non si può più procrastinare la realizzazione
di un modello di Paese plurale, aperto e laico ma non per questo anche
assistenzial-collettivista. Pertanto, il centrodestra
non deve puntare l’occhio sul voto di protesta-contro-la-protesta ma sul
liberal-conservatorismo europeo, specialmente britannico. Il tutto, senza
trascurare le più importanti novità del movimentismo italiano di matrice
liberale, liberista, individual-indipendentista nonché la spinta referendaria della
galassia radicale. Le istanze di queste forze politiche e movimenti d’opinione
devono essere valutate, incorporate e completate coerentemente, con un’esperienza
di governo di cui sono lacunose e dalla quale non si può sperare di prescindere,
per non scivolare nell'ennesimo tritacarne.