mercoledì 19 giugno 2013

Signore salvaci, questo centrodestra è invaso da cretini!

Dopo le elezioni amministrative, il Movimento 5 Stelle è un döner kebab che gira e perde tranci di carne volanti.

Parliamo di elettori, perlopiù da scarti di macellazione, finiti per tutta una serie di coincidenze in un insaccato che ne ha permesso la conservazione sotto spezie, ossa, grasso e denti tritati.

Un mix incoerente di personalità eversive, psicotiche e geneticamente extraparlamentari difficilmente può essere svuotato senza incamerare scarti degli scarti. Delusi dal partito dei delusi, sfanculatori dei partito dei vaffanculo.

Chiunque intenda nutrirsi di questa carne d’infima qualità, tagliuzzata dal kebab e a malapena coperta dei suoi pessimi odori con qualche salsa da voltastomaco, peggiorerà di gran lunga la sua proposta politica annegandola nel liquame cioccolatoso del populismo. Destra avvisata, mezza salvata.

Passata la fase delle polemiche pre-e-post-elettorali nel PDL, occorre dismettere il falso problema della presenza o assenza di Berlusconi nella campagna elettorale, di volta in volta evocato per spiegare, ingigantire o minimizzare i risultati negativi della coalizione a seconda delle esigenze di chi pontifica.

È da un paio di settimane che gli organi d’informazione e di opinione, in qualche modo legati al centrodestra, puntano a far man bassa di ex grillini o dei grillini vacillanti in libera uscita dai ranghi, lanciando anatemi contro invasori teutonici e negroidi. I primi agirebbero per mezzo della moneta unica europea, i secondi per mezzo di un ministro descritto come una specie d’infiltrato per conto di uno stato estero. Siamo circondati, secondo la storiella, da picconatori negri e da nazi-culone che vogliono farci a pezzi. Sembra il plot di un monster movie di serie Z, invece è l'immaginario e la mitologia su cui il centrodestra e le sue ramificazioni stanno preparando i terreno per la campagna elettorale.

Evidentemente, ai teorici di questo nuovo-vecchio corso del centrodestra interessa proprio sottolineare quei temi che consentono un approccio politico più viscerale e demagogico, tipicamente grillino, che ha fatto la fortuna del Movimento 5 Stelle e che da sempre mantiene vivo il fascino "vintage" di certa destra sociale. Non si sa mai che qualche elettore cinquestelle torni all'originale o decida di optare per l'unica forza politica che possa riuscire a proporsi come più grillina dei grillini, tanto da far sembrare questi ultimi una pallida quanto inutile imitazione.

Qualcuno afferma che occorre rimettere in lustro un identitarismo d’antan ed un genuino anteuropeismo. Negli ambienti del centrodestra si pensa di pensionare Berlusconi riesumando, de facto, il MSI. Se c’è qualcosa di buono che Berlusconi è riuscito a fare (in compagnia di Gianfranco Fini) è proprio l’affossamento e la “normalizzazione” della destra italiana in qualcosa di vagamente proponibile nel quadro dei valori costituzionali. Adesso qualche asso tra gli intellettuali italiani (che Berlusconi stesso non è riuscito a promuovere, valorizzare e far crescere nel centrodestra) propone di spostare in senso antiorario le lancette dell’orologio della politica.

Ogni giorno leggo frasi autorevoli quanto farneticanti a proposito di presunti tabù (descritti come "perbenisti" o "buonisti") da rompere. Grottesco, dal momento che c’è una regressione trasversale che va dall’estrema destra all’estrema sinistra all’estremo complottismo apolitico che da sempre e con crescente insistenza straparla di tematiche che è semplicemente incapace di analizzare quali l’integrazione europea, passando per la politica criminale, monetaria e fiscale. Non esistono tabù con persone del genere. Domani si può uscire con un titolone in cui parliamo dei neri come fossero una sottospecie di rettili divoratori di esseri umani senza destare nessun tipo di scandalo. Si potrebbe persino ipotizzare l’aggravante di liberismo o il reato di genticidio (omicidio della gente da parte delle banche, banchieri, signori aggi o altri portatori di giacca e cravatta) senza che nessuno abbia qualcosa da opporre. Anzi, c’è chi con cose del genere è capace di reinventarsi un’immagine, una fede, un nome e una carriera da razzista-negro-ultranazionalista-in-Italia senza rendersi nemmeno conto di essere una goffa e triste imitazione di Tilly, la cameriera invidiosa di “Indovina chi viene a cena?” che, davanti ad un medico di colore in una casa di bianchi, sbottava: “Signore salvaci, questa casa è invasa dai negri!”.

Non è ai casi umani e ai disadattati che occorre dare una risposta oggi, quanto a quei pezzi di società produttiva che hanno già votato per una destra a vocazione maggioritaria solo per difendersi dall'aggressione fiscale dei teorici dei “beni comuni” (o da quelli che, senza nemmeno un briciolo di vergogna, adottano ancora la terminologia tradizionale: “comuisti”). Non solo. Potrebbe essere una buona idea tenere sott'occhio i tanti che in quella destra hanno smesso di credere o perché non ci si riconoscono affatto o perché sono nati troppo tardi per poterne essere delusi. 

A scanso d’equivoci è meglio chiarire. L’euroscetticismo è legittimo e rispettabile, specie davanti a certi modelli d’Europa. Quest’ultimo è cosa ben diversa, però, dall'antieuropeismo agitato come grimaldello contro ogni prospettiva di apertura alla concorrenza e alla modernizzazione dell’economia come della pubblica amministrazione.

Questione IMU. Ben venga la sua sospensione. Meglio ancora se l’imposta venisse ripensata o eliminata. Ma spero che questa sorta di bandiera del centrodestra non diventi una pagliacciata. Esistono diversi tipi di tributi, fette di una grande torta che rappresenta il reddito ed il patrimonio di ciascun contribuente. L’IMU sulla prima casa ne rappresenta le briciole. Parliamone pure, importante è non perdere di vista tutto il resto e, soprattutto, non sacrificare il taglio delle imposte sulle attività produttive, sul lavoro e la stessa IMU sulle imprese, solo per l’ennesimo solletico alle rendite.

Il presidenzialismo o semipresidenzialismo o qualsiasi altro genere di riforma istituzionale che dia maggior potere all’esecutivo non può essere un modo per far vincere “a tavolino" qualcuno e governare, irresponsabilmente, a colpi di decisionismo spendaccione. Tutto questo non può posporre il tema assolutamente prioritario della riforma dei partiti e delle loro modalità di sostentamento e non può ancora una volta risolversi in involuzioni centraliste. Al contrario, occorre una autentica e piena federalizzazione del fisco, con un’inversione della proporzione con cui i tributi vengono distribuiti tra enti locali e stato centrale. Tutto, ovviamente senza voler affrontare in questa sede la questione dell’autodeterminazione dei popoli italiani (che pur dovrà essere prima o poi oggetto di qualche referendum, previa opportuna revisione della Costituzione), nell'ottica di una responsabilizzazione dei singoli enti impositori e della conseguente razionalizzazione della spesa pubblica, indispensabile per la riduzione delle tasse.

Sarebbe l’ora di uscire dai falsi proclami di tagli alla spesa immaginari, che si risolvono solo in una politica spendacciona fuori da ogni parametro e accordo sul debito pubblico (= tasse pro futuro), come ha tranquillamente affermato di voler fare Berlusconi (non temete, ritratterà). Ma sarebbe il caso anche di evitare di parlare di tagli e di austerità, laddove trattasi di prodotti dell’immaginazione e della pura retorica di chi, con campagne d’odio contro il neoliberismo (il cui unico "neo" è proprio la sua inesistenza), ha costruito movimenti, proteste, girotondi, occupazioni, indignazioni e ha portato fior di voti alle liste di certi filosofi del piffero, tra l'altro, bisognevoli di un buon logopedista.

La risposta alla complessità delle metropoli e delle periferie del mondo globalizzato non può affondare tra le pieghe di un’ideologia identitaria o nella exception culturelle di una civiltà che si contorce per coprire le sue vergogne, in particolare, l’incapacità di rendere competitivi e all'avanguardia i beni ed i servizi che ha intenzione di offrire oltre alla sua concezione di Stato, arretrata ed incancrenita.

Occorre svelare le interconnessioni tra policies di gestione dei flussi migratori e modelli di welfare, in modo da affrontare una riforma dello stato sociale tenendo conto della fattibilità, della convenienza e delle modalità d’intervento statale, anche per quanto riguarda l'incontro tra domanda ed offerta di lavoro con soggetti provenienti da stati esteri.

Non si può più procrastinare la realizzazione di un modello di Paese plurale, aperto e laico ma non per questo anche assistenzial-collettivista. Pertanto, il centrodestra non deve puntare l’occhio sul voto di protesta-contro-la-protesta ma sul liberal-conservatorismo europeo, specialmente britannico. Il tutto, senza trascurare le più importanti novità del movimentismo italiano di matrice liberale, liberista, individual-indipendentista nonché la spinta referendaria della galassia radicale. Le istanze di queste forze politiche e movimenti d’opinione devono essere valutate, incorporate e completate coerentemente, con un’esperienza di governo di cui sono lacunose e dalla quale non si può sperare di prescindere, per non scivolare nell'ennesimo tritacarne. 





giovedì 6 giugno 2013

La sinistra eversiva vuole nutrirsi di Stefano Cucchi

Ci sono storie così tristi che il solo discuterne si scontra con il pudore e con la difficoltà di parlare di qualcuno senza fare il solito tip tap su una carcassa. E' questo il caso degli ultimi istanti di vita di Stefano Cucchi, della sua morte e di quel che ne è seguito. Per una duplice ragione: si tratta di un ragazzo che non sarebbe dovuto morire, non per quel motivo e non in quel modo.

Per stabilire le responsabilità in ordine a un fatto del genere occorre un processo. Sembrerà strano, ma è così che funziona. E occorrono delle prove, naturalmente. 

I soliti commentatori, questa volta presi dalla pagina Facebook di Repubblica, hanno le idee ben chiare. 


Cito, a titolo di esempio: "Sentenza di merda", "giudici di merda", "giustizia di merda", "paese di merda", addirittura c'è chi dice "La mafia sono l'oro" (...incenso e mirra).

Posto che, diversamente dai fini giuristi ed investigatori di cui innanzi, io non ho a disposizione una sfera di cristallo o anche solo il fascicolo del dibattimento, posso solo dire che se è vero che questa sentenza è uno scandalo come emerso nei cicalii di oggi, allora sarà tanto più facile ribaltarla in appello. Eh sì, perché esiste l'appello, anche se al dott. Ingroia non piace.

In ogni caso ed indipendentemente dall'appello, tutte le sentenze si possono discutere e commentare, si può persino protestare contro i magistrati, anche se questo a tutta la sinistra e a Repubblica non piace.

Peraltro, i maldestri e rozzi attacchi indiscriminati contro le forze dell'ordine sono cretini come quelli sferrati nel mucchio contro i magistrati. Essi sono indice del background culturale di tipo criminale o palesemente fiancheggiatore della criminalità politica più o meno organizzata di molti commentatori vicini alla sinistra eversiva.

Certi ambienti si nutrono di cadaveri e d'ingiustizie vere o presunte per tenere sempre vive storie, teoremi e leggende. Una su tutte, la contrapposizione con le forze dell'ordine di cui il caso Cucchi è solo l'ultimo espediente. Accertare la verità e fare giustizia è l'ultimo pensiero di questi sciacalli. Allora da chi è stato "ucciso per la seconda volta" quel povero ragazzo? Forse da nessuno, visto che non si muore più volte. Però il post mortem ideologico che è stato eretto su di lui non gli rende certo giustizia, non lo fa rivivere ed anzi lo utilizza come uno strumento di sopravvivenza per gruppi politici estremi e fuori dal mondo ma non insignificanti, che usano la paranoia come propulsore.

La sinistra eversiva, di fatti, rappresenta un bacino elettorale di grande vivacità ed interesse anche per forze politiche teoricamente riformiste ed asseritamente democratiche che, al contrario, dovrebbero decidersi a prendere posizioni nette e coraggiose di tipo culturale, in merito al rapporto della società con le forze dell'ordine ed alle tematiche afferenti la sicurezza pubblica e la difesa.

Se mi è consentito lambire in punta di piedi l'argomento, in conclusione, ci tengo solo a precisare che diverse responsabilità sono state individuate e stabilite nella sentenza, con le condanne per omicidio colposo ai medici che hanno avuto in cura il ragazzo. Non si capisce, in tutta franchezza, per quale motivo le condanne ai medici siano meno importanti o meno attese rispetto a quelle richieste per i paramedici o per i poliziotti. 

Sarà forse che ormai la condanna per omicidio colposo è stata completamente sdoganata? Con un "curriculum" penale del genere, se sai smanettare un po' sui blog, in Italia puoi diventare il capo del partito più votato. In Francia, invece, devi limitarti fondare una mediocre e tediosa rock band anti-capitalista. 



martedì 4 giugno 2013

La cisti della democrazia



Mentre Giorgio Napolitano illumina la parola "irrituale" di nuove affascinanti nuances, amputando l'esperienza delle larghe intese, con una specie di messaggio minatorio in stile The Ring "diciottomeeeeesiiii", il dibattito sulle "riforme istituzionali" rimescola del carte nel mazzo truccato della politica italiana.

Il primo elemento che falsa il gioco della politica è una legge elettorale che crea un'alchimia esplosiva con la mancanza di un meccanismo che assicuri la partecipazione democratica dei cittadini alla politica. Il risultato è paradossale. C'è addirittura qualcuno che può permettersi di ostacolare una legge sulla base democratica dei partiti che gli italiani aspettano da più di mezzo secolo, con la Costituzione che la impone, facendosi scudo del fatto che con una norma del genere sarebbe limitata la partecipazione del Movimento 5 Stelle alla politica. Cosa non vera, perché il Movimento ha già uno statuto ed ha già personalità giuridica. Ciò che non va bene, evidentemente, è il contenuto dello statuto. Ma è proprio per questo che i costituenti hanno previsto un sistema in cui dovrebbe essere la legge a prevedere modalità democratiche per fare politica. Sui contenuti, naturalmente, si può e si deve discutere. Ma non mi sembra possibile rimandarne ancora la trattazione, perché "tanto ci basta il web". La rete non garantisce niente se non il sistematico lasciapassare di ogni prurito del cartaio e dei suoi amici.  Chiunque conosca anche solo un po' internet non ne sopravvaluta le potenzialità aggregative o partecipative. Il problema è che chi di solito si entusiasma con le vaccate pentastellate è quel genere di persona che cerca la parola "google" su Google.

Come dire che è possibile prendere parte alla vita pubblica finché è consentito il personalismo di uomini-partito o uomini-movimento (non cambia niente) che decidono di cementificarsi a capo di una struttura, addirittura senza candidarsi ed essere eletti. O si diventa capipopolo e ducetti o ci si riduce ad essere uno dei loro leccapiedi. Non esistono alternative, secondo l'avveniristica concezione della democrazia  Cinque Stelle. Se vuoi partecipare devi essere disponibile a farti "bannare" alla prima cosa sgradita che dici e a far carriera rispondendo soload un padroncino in delirio. C'è poco da restare Allegri. Ma tant'è.

Per mesi ci siamo disidratati di pippe con analisi sociologiche sul fenomeno Grillo e sul Movimento 5 Stelle. Abbiamo provato a spiegarne il successo, a comprenderne le logiche, ad apprezzare gli effetti del suo sviluppo. Per mesi ci siamo nutriti di Beppe, dei suoi monologhi e delle sue invettive, persino dei suoi pendenti di saliva. In alcune fasi della Repubblica ci è sembrato che questo barbuto e sudaticcio omaccione sarebbe riuscito a calarsi nella sala dei bottoni con la precisione di Tom Cruise nel primo Mission Impossible.

Allo stesso tempo, siamo stati obbligati a riflettere sulla disinvoltura con cui Napolitano scuciva e ricuciva la Costituzione per riparare ai "vuoti" creatisi a causa di una serie di congiunture astrali della democrazia (leggasi: legge elettorale demenziale ma che conviene a tutti + esito del voto incerto ma che conviene a tutti + programmi elettorali non chiari per non dire addirittura oscuri ma proprio per questo convengono a tutti). Abbiamo, per così dire, assaporato entusiasmanti momenti di costituzionalismo crativo: dieci saggi, governi del presidente, programmi del presidente, scudisciate per Bersani, governo a tempo determinato, calci vibranti nelle palle ai 5 Stelle. Cose così. A questo punto, come non lasciarsi lusingare dalla prospettiva di una vita istituzionale piena di brio? Il presidenzialismo diventa un passo imprescindibile per la Repubblica.

Tra le pagine di questa storia, come piccole orecchie piegate alle punte dei fogli, s'inseriscono le quirinarie, il "meraviglioso esercizio di democrazia" delle consultazioni avvenute sul web, sullo stesso sito che sostene economicamente il partito organizzatore della meraviglia di cui innanzi. 

La storia finisce con Milena Gabanelli che vince la competizione ma presto declina l'offerta e Stefano Rodotà candidato al Colle, dall'alto dei suoi quattromilaequalcosa voti su meno di cinquantamila cliccanti in totale. Tutti i grillini, solitamente appassionati di scie chimiche, controllo climatico, aspartame e genuine balle a km zero, diventano sostenitori accesi dell'elezione diretta del Capo dello Stato. Sulla scorta di quest'esigenza, propugnano la candidatura di Rodotà con la ragionevolezza e la ponderazione di un talebano alle prese con un detonatore. 

Facciamo un balzo in avanti. Faida nel PD, siluramento di tutti i candidati (compreso Rodotà), pippone infinito su tutti i social network, nelle principali piazze e zeccolandie d'Italia, Occupy Staceppa. Rodotà entra da vivo nell'olimpo del Popolo Marrone, accanto a Berlinguer, Don Gallo e Nonno Pertini (con tanto di grattata di palle).

Avanti veloce. Milena Gabanelli fa un'inchiesta arroventata sul Movimento di Grillo, una di quelle che le hanno fatto guadagnare l'ampia stima di cui gode (e la sua prima posizione nelle quirinarie), il comico genovese sempre grondante di liquami pensa bene di querelarla e lei finisce all'indice dei giornalisti "non liberi". Naturalmente.

Avanti ancora. Tragedia amministrative. Rodotà - l'eroe, il mito, il capopopolo, la leggenda, il salvatore della patria - prova ad aprire un dibattito nei metodi degli scoperchiatori di scatolette di tonno. Grillo -indovinate un po'- lo sfancula, poi ritratta, ma sostanzialmente lo sfancula con una classe che non ha nulla da invidiare al tenero cadeaux di Storace alla Montalcini. Se c'è qualche pezzo di web che non esulta alle parole del barbuto omaccione sempre unto, allora occorre un'opera di rimozione di commenti. Una bonifica del web. Perché c'è rete e rete: la libertà sul blog è bella se non è litigarella, insomma, se si dà sempre e solo ragione ad ogni palla di sebo che ringhia.

Ora chiunque si aspetterebbe il massimo dell'entusiasmo possibile da parte dei grillini, innanzi all'ipotesi presidenzialismo. A rigor di logica, dovrebbero stappare le bottiglie buone, quelle messe in cantina in attesa della sentenza di condanna irrevocabile nei confronti di Berlusconi. E invece no. Il cittadino Peter Griffin, alla Camera, dichiara -in buona sostanza- che il presidenzialismo non si mangia, per cui è inutile parlarne. Fuori dal Parlamento, il blogger più famoso d'Italia strizza i peli delle sue ascelle per fare una doccia fredda ai giornalisti: il presidenzialismo non serve a niente. Anzi, serve solo a Berlusconi. Che è peggio.

Anni di predicozzi sulla ggente, sulla democrazia dal basso, sulle quirinarie e su RO DO Tà RO DO Tà RO DO Tà eletto direttamente dal popolo sovrano per poi ridurre la discussione sul presidenzialismo (che pur sarebbe tutt'altro che semplice) al solito dubbio cruciale: e se tutto questo favorisse Berlusconi? Dramma. Vuoi che i perdenti nati debbano essere costretti addirittura a vincere le elezioni per governare? Impossibile! Dovrebbero prima imparare un concetto di democrazia diversa dal "comandiamo noi".

Vediamo se è chiaro. Meno di cinquantamila persone che cliccano su un sito commerciale sono il massimo della democrazia, anche se una volta ogni due il gestore del sito, del movimento e di tutto il resto annulla l'esito parlando genericamente di attacco hacker. Non solo. Il voto di meno di cinquemila persone su un sito di partito è niente meno che la volontà del popolo italiano. Però un uomo votato nel segreto delle urne da dieci milioni di persone è ineleggibile, impresentabile o addirittura un pericolo la cui esistenza rende inattuabile una forma di governo diversa e orientata proprio ad instaurare quel mandato diretto nei confronti del Presidente della Repubblica che gli stessi grillini chiedevano a gran voce.

Tutti i discorsi per comprendere la logica di questi giacobini da tastiera vanno fatalmente a farsi benedire, perché non c'è ragione alcuna nel loro agire politico. Tutte le balle sui rimborsi, sugli scontrini, sulla rendicontazione delle caramelle, i calci in culo, le scatolette di tonno in Parlamento, i  risvolti sui calzini, sono un bug nel sistema politico. Una formazione di pus, peli e liquidi endocrini che matura sottopelle finché non viene espulsa in un fetido rituale di liberazione. Guai a scambiare questa roba per una forma avanzata di partecipazione democratica.