Sarebbe troppo facile prendersela con i vincitori, soprattutto sarebbe inutile ed anche sgarbato. Il PD ha vinto sotto ogni aspetto. Ed ora vediamo perché.
E’ riuscito ad avere tutti gli schermi puntati su di sé per mesi, il tutto senza uno straccio di programma e con il solo uso di due parole (bene comune) che non vogliono dire niente.
E’ stato in grado di dare una parvenza di democrazia interna, che dovrebbe essere assicurata dalla legge (lo dice la Costituzione) ma così non è. Del resto, possiamo raccontarci quel che vogliamo ma né il PDL né altri sono riusciti, in termini di partecipazione popolare, a coinvolgere in questo modo gli elettori.
Abbiamo stabilito, con queste primarie, che va tutto bene, che non era mica vero che la classe dirigente italiana ha qualche problema. Magari ce l’ha, ma non nel PD. Certo è che ora, chi ha votato Bersani, magari anche turandosi il naso e tutti gli altri orifizi, non avrà più coraggio di muovere critiche alla “classe politica”. Quindi automaticamente la politica italiana subirà una generalizzata “sanatoria”, per la felicità delle peggiori cariatidi.
I vertici del PD, che poi sono stati i vertici dei DS e gli scampoli dei satelliti democristiani, già duri a morire, non moriranno mai (politicamente, s’intende!).
Lungi dal prendermela con gli elettori, non posso sottacere sul fatto che l’ostacolo fondamentale è stato rappresentato dalla paura. Renzi è stato dipinto prima come il nuovo Berlusconi, poi come le persona nelle mani dell’alta finanza, poi ancora come un populista in cerca di consenso facile. Ovviamente ciò che non andava giù all’elettorato era solo che Renzi non presentava nel suo linguaggio i tipici feticci del politico di sinistra. Gli slogan demenziali, le frasi fatte riciclate dai peggiori cortei, i luoghi comuni più beceri, infondati e montati a neve come fossero frutto di studio o di chissà che cultura. L’elettore, quindi, spaesato e disorientato, ha preferito puntare su qualcosa di sicuro. Si, perché senza gli slogan e le parole chiave del feticismo socialista non si va da nessuna parte. Si può provare a svecchiare i temi, i dogmi ed i tabù della sinistra, come ha fatto Renzi, ma quella zona grigia calcarea fatta di invidia sociale, pregiudizio, ignoranza e superstizione è ineliminabile.
In Italia come negli USA di Obama come nella Germania tra le due guerre mondiali è la paura a dominare. Insieme, guarda caso, alla domanda di uno Stato grande, grosso e forte. Ed è questo il perno su cui ruota la rielezione di Obama come anche la conferma punto-per-punto dell’apparato di quello che, a parere di chi scrive, è il peggior centrosinistra (a parte quello capeggiato da Mussolini) che abbia mai infestato la politica italiana.
Veniamo a Bersani. In passato ho fatto dell’ironia sul suo conto. In realtà, immeritatamente. Perché Bersani è sicuramente uno dei migliori esponenti del partito che si ritrova a guidare. E’così bravo che quasi mi dispiace che si ritrovi ad essere usato in questo modo. Io ritengo sia una persona che ha molto da dire e da fare, molto competente e capace. Attualmente, invece, il ruolo che gli viene affidato è quello del mediano. Si ritrova a fare un lavoro sporco, per contenere il regressismo degli ideologi dei “beni comuni” che è costretto (per ragioni numeriche) ad incamerare e a fagocitare pur di sconfiggere ogni barlume di cambiamento. Allo stesso tempo, deve rivolgersi all’estremo centro ex berlusconiano (ora montiano) e risultare credibile e numericamente interessante, al fine di garantire la conservazione delle poltrone a tutti (e magari un Monti Bis).
Il PD è riuscito nell’impresa titanica, quasi disumana, di far considerare Pierluigi Bersani (e D’Alema) una icona del socialismo (o della sinistra). Fino a non molto tempo fa, invece, rappresentava prima l’ala “destra” dei DS (come D’Alema), il padre delle liberalizzazioni (abortite). Oggi, grazie allo scontro dialettico, Bersani è riuscito a risaltare nel contrasto con Renzi e a far emergere le differenze. Anche abbozzando solo delle frasi senza significato o pure e semplici battute, o senza dir nulla. Perché è il nulla la risposta che il socialismo dà ai problemi del mondo di oggi.
Ebbene, una volta finiti i soldi (degli altri) il socialismo non ha più proposte per far funzionare le cose.
In realtà, secondo me, Bersani avrebbe risposte interessanti. Come ce le aveva anche Prodi. Ma sono certo che non potrà darle (come Prodi). Perché sarà strozzato dall’immobilismo che ha il preciso compito di garantire, anche a suon di ulteriori “sacrifici” per gli italiani.
Adesso non sappiamo quali stratagemmi saranno inventati dai nostri eroi per continuare a far lavorare la macchina di uno stato su un binario morto. Qualcuno dice che saranno solo tasse per tutti. Io non credo. Probabilmente sarà anche fame e miseria. Il tutto, verniciato da una patina di ideologia dello Stato, di etica e di patriottismo. Magari Ivano Fossati decide pure di tornare a fare concerti.
Certo è che ora non ci sono più scuse valide per frenare la ri-discesa in campo (l’ennesima) di Berlusconi. E’ovvio che, se si va sul classico a sinistra, si andrà sul classico anche dall’altra parte. Torneranno i soliti slogan anti-comunisti, tornerà la retorica da guerra fredda, torneranno le solite stanche promesse e la carica il tutto per tutto pur di non far insediare i mangiatori di bambini. E sarà giusto così.
E’ stata un’occasione persa per i “progressisti” ma anche per tutti gli altri.
Gli unici che festeggiano, a parte i grillini, che ora avranno gioco facile per attaccare il PD e guadagnare nuovi consensi, sono i vari uomini di partito. Per intenderci, parlo di tutte quelle persone che vedete per strada a parlare intensamente col mondo e che non capite che cazzo facciano dalla mattina alla sera per stare sempre su quella mattonella a raccontare boiate. Tutti confortati dal fatto che non c’è stato (e non ci sarà) nessuno scossone. Il tutto, nell’illusione che domani a votare saranno solo gli uomini e le donne delle primarie. Sempre nella demenziale convinzione che le persone ripudiate al ballottaggio poiché “non giustificate” siano pezzi di carne marcia che conta meno di niente, e che un domani non sarà mai doveroso o utile rivolgersi anche a loro, prima per ottenere il loro voto e dopo per ottenere il loro consenso.