Diversamente dalle solite brutali telefonate di Berlusconi, quella di Grasso a Servizio Pubblico è stata chiara e determinata. Secondo il Presidente del Senato, Travaglio ha fatto accuse infondate ed infamanti ed una settimana è decisamente troppo ristabilire l'onorabilità messa in pericolo dal giornalismo, per così dire, "militante" de La7.
Dopo qualche giorno, il mondo della sinistra e dintorni sembra sconvolto, più che dalle difficoltà nel formare un governo, dagli aspri scontri nel giornalismo di propaganda. La contesa ha ad oggetto la fissazione della location per la partita che metterà a dura prova l'asse PD-M5S.
Una partita difficile. Questo perché a segnare i punti non potranno essere le palle in porta, bensì il pubblico twittante. Parliamo di persone così estranee alla logica della politica (e della vita, aggiungerei) che considerano "inciucio" qualunque cosa. Persino le intese dettate dalla Costituzione, al fine di garantire la nomina di cariche dello stato che salvaguardino gli interessi di tutte le parti politiche. Per loro è un inciucio finanche un accordo di governo, ossia una cosa più che normale se s'intende anche solo valutare una per una le leggi che s'intenderà presentare al Parlamento.
Attorno alla sinistra parlamentare, composta dall'Usato Sicuro e dai narratori di SeL, c'è tutta una zona grigia che non è composta semplicemente da inguaribili socialisti e nemmeno da puri complottardi, ma da una via di mezzo tra le due cose. Una specie di "popolo di Report", per farla breve. Parliamo di persone che non stanno col Piddì ma snobbano anche qualunque altro essere vivente dotato di respiro (vanno d'amore e d'accordo con pesci, piante e funghi).
Con l'estrazione dal cilindro dei nomi Boldrini e Grasso, il buon Bersani è riuscito a coagulare i consensi di tutta questa società intermedia, non completamente alienata dal grillismo irriducibile e non completamente convinta dalle patetiche metafore dei post-comunisti. Soprattutto, quel che conta, è che Grasso abbia convinto anche qualche grillino in Parlamento. "Meglio di Schifani, no?"
Con l'estrazione dal cilindro dei nomi Boldrini e Grasso, il buon Bersani è riuscito a coagulare i consensi di tutta questa società intermedia, non completamente alienata dal grillismo irriducibile e non completamente convinta dalle patetiche metafore dei post-comunisti. Soprattutto, quel che conta, è che Grasso abbia convinto anche qualche grillino in Parlamento. "Meglio di Schifani, no?"
Per scongiurare la defezione di altri voti tra le fila dei grillini, parte la serrata del Padre Padrone dal suo blog. Non solo. I mezzi d'informazione vicini a Grillo presto si affrettano a rimarcare la loro distanza da Grasso e a spaccare quel ponte che sembrava prossimo ad una realizzazione in tempi brevi. In quest'ottica bisogna analizzare il fango su Pietro Grasso. Prima questi era uno strumento del negoziato, poi è diventato una bestia sacrificale per mandare a monte ogni speranza di intesa tra post-comunisti e complottar-statalisti anonimi. Il motto di questa fase è "Grasso è Schifani meno Elle".
In pratica, per spaccare ogni possibile tavolo d'intesa, è necessario un derby nel grande mondo della sinistra e dintorni. Peccato che questo teatro interessi davvero poco agli italiani, già proiettati sulle colombe da scartare in onore al nuovo tenerissimo Papa.
Si tenga conto anche dell'enorme spettro che si annida nella guerra del Bene contro il Male presso Servizio Pubblico: l'ultima annunciata "resa dei conti" in tv da Santoro si è trasformata nel più grande passaggio della campagna elettorale di Silvio Berlusconi. Insomma, il condannato a morte ha elettrizzato tutti i suoi aguzzini ed ha fatto la sua grande rimonta che per poco non si è trasformata in una sconfitta per Bersani.
Si tenga conto anche dell'enorme spettro che si annida nella guerra del Bene contro il Male presso Servizio Pubblico: l'ultima annunciata "resa dei conti" in tv da Santoro si è trasformata nel più grande passaggio della campagna elettorale di Silvio Berlusconi. Insomma, il condannato a morte ha elettrizzato tutti i suoi aguzzini ed ha fatto la sua grande rimonta che per poco non si è trasformata in una sconfitta per Bersani.
Siccome, dunque, lo scontro potrebbe risolversi in un boomerang esplosivo nelle mani dei sabotatori dell'intesa PD-Grillo, sorge il bisogno di maneggiare questa storia con estrema cura. Si dà presto il via alla lotta di trincea fatta di tweet tra conduttori, direttori e primedonne del giornalismo militante.
Finisce che il derby si trasforma in una partitella di calcetto da oratorio. Da una parte abbiamo la sinistra bene, onestamente ancorata ad un magistrato per bene e senza scheletri nell'armadio, tanto che Travaglio non aveva nemmeno il solito foglietto da leggere senza contraddittorio, costretto ad andare a braccio dalla necessità di spezzare in forma dialogica la supercazzola prematurata da fare a Grasso. Nella squadra organizzata dal PD ci c'è il meglio della nazionale cantanti impegnati, il meglio della nazionale aspartamo-fobici e qualche occasionale fantasista della tassa. Tutti interessati a mantenere salda e genuina l'o.p.a. del Partito Democratico sui grillini (quando solo loro a farlo, si chiama "scouting", ricordiamolo), per scalfirne l'unità ed ottenere quanto basta per un governo di larghe paranoie.
Dall'altra parte c'è una squadretta scalcagnata fatta da un club d'irriducibili dell'antagonismo. Signori del "No" e del nasino all'insù. Professionisti del regolamento di conti tra fazioni interne alla magistratura. Intendiamoci, si tratta di persone che non hanno mai partecipato nemmeno ad un'assemblea di condominio. Polemici per vocazione, sfascisti per ambizione. Sì, perché solo col rifiuto di ogni trattativa col PD è possibile ottenere il risultato più ghiotto per il M5S in qualità di partito di vocazione autoritaria: procrastinare la fase del governo a quando Grillo avrà i numeri per essere solo al comando, attraverso una parentesi preparatoria e di opposizione parlamentare ad una rinnovata intesa PD-PDL che sia la naturale prosecuzione del festoso anno del Governomonti. Musica per le orecchie dei complottardi, un piatto ricchissimo per chi si nutre del mito del cosiddetto Piddìmenoelle.
Al momento della prenotazione del campetto dove disputare la partita, la squadra degli irriducibili capeggiata da Travaglio inizia a rompere le palle perché secondo questi il fatto di prenotare il campo di calcio sarebbe un inciucio. Allora ci si abbandona al caso e si disputa la partita in un parcheggio, usando le pantofole di Battiato per individuare la porta. Qualcuno acquista un Supersantos, indispensabile per il gioco. Così gli irriducibili piantano un'altra grana: acquistare un pallone può essere un atto di corruzione che nasconde un inciucio con il negoziante. Allora niente pallone, si gioca con una matassa di giornali appallottolati con del nastro isolante. Proprio prima d'incominciare lo scontro tra le due squadre, ci si mette d'accordo per decidere da quale parte del campo debba disporsi ciascuna squadra. Non fosse che anche questa si rivela essere un'altra occasione per un inciucio. Naturalmente gli irriducibili dicono di volersi affidare al caso. Lanciano una moneta. Uno di loro, giustamente, fa notare che su quella moneta da mezzo euro, ci sono almeno venti centesimi di signoraggio bancario. Per farla breve, ciascuno se la gioca a casa sua. Alla playstation.
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