lunedì 20 agosto 2012

Ancora sul caso Ilva. L’unico sviluppo possibile è lasciar stare tutto così com’è?


Il dogma secondo cui sarebbe sempre sbagliato punire chi offre lavoro a tante persone è innanzitutto sbagliato da un punto di vista general-preventivo.

Se un principio di tal sorta si facesse strada, pregiudicherebbe il principio d’uguaglianza e richiederebbe sostanzialmente una generalizzata abolitio criminis per tutti quei reati di volta in volta “scomodi” all’industriale vicino alla politica o al sindacato di turno.
In secondo luogo, si tratta di un principio contestabile sotto l’aspetto economico.
L’Ilva, infatti, se da un lato ha offerto grandi possibilità di lavoro, dall’altro ha anche impedito possibilità di sviluppo (http://www.corrieredelgiorno.com/2012/08/18/lantica-masseria-soffocata-da-una-collina-di-residui-industriali-dellilva-28435/).
I sindacalisti sono un caso perso e, del resto, fanno il loro dovere. Ma io proprio mi rifiuto di comprendere le ragioni di quegli amici liberali (che non abbiano un diretto interesse nella vicenda, s’intende) che invocano l’intervento del governo contro la magistratura. Episodi non nuovi in Italia, per carità.
Tutti quelli che si indignano per il fatto che un giudice (in realtà ben più d’uno) possa decidere per il destino di tante famiglie mi sembrano vittime di un particolarismo esasperato che impedisce loro di vedere i contorni della vicenda.
Pare, invero, che si voglia fare un grande sgarbo istituzionale nei confronti dei magistrati che sono e che saranno chiamati a decidere sul gravame, attualmente sottoposti a fortissime pressioni di rango mediatico sempre più elevato.
Un liberale non può pensare the show must go on sempre, in ogni caso e ad ogni costo.
Chiunque abbia a cuore la libertà non può non odiare chi gioca con delle regole proprie e costruisce la sua fortuna solo su questi “strappi”. Anche in spregio dell’incolumità e della salute della popolazione.
Del resto, anche nella versione più minimale dello Stato, non mi risulta che qualcuno abbia mai pensato di obliterarne in toto la giurisdizione penale. Però, se il punto è questo, se ne può parlare. Possibilmente, in termini generali. Non solo quando si parla di questo o quel colosso dell’industria italiana.
E’ difficile, a parere di chi scrive, che in una società che voglia considerarsi “libera” possano essere premiati i migliori, se è impossibile mettere fuori dai giochi chi non rispetta le regole. Il tutto, con la solita e stupida scusa dei posti di lavoro a rischio. Nessuno tiene mai conto, in questi ragionamenti, delle “occasioni” di lavoro perse da chi vede sbarrarsi la strada dai colossi che si fanno largo sprezzanti dell’altro.
Mettere in discussione il presidio estremo ai valori-base del sistema solo per proteggere qualcuno, col falso schermo del rischio per il lavoro, ponendo in essere un vero e proprio ricatto contro l’opinione pubblica, non solo non è affatto liberale, non è nemmeno corretto né intelligente e, mi permetto di aggiungere, è di una disonestà intellettuale senza precedenti.
Premesso che le regole non sono eterne e che, anzi, devono essere sottoposte a una costante opera di riconsiderazione e di riforma attraverso i metodi più adeguati e flessibili, immaginare che il libero mercato non debba fondarsi sulla comune accettazione di regole ma sull’impunità sistematica è un messaggio pessimo e deleterio quanto il cinismo idiota di chi fa la conta dei morti di tumore a Taranto per confrontarli con la media nazionale. Un nonsense che ci si deve risparmiare.
Piuttosto, se proprio vogliamo trarre un imperativo politico da questa vicenda, riportiamo nell’agenda politica il tema di una riforma per una effettiva responsabilità civile per i magistrati. In modo da evitare pressioni “ad personam” contro questo o quel magistrato solo a salvaguardia di qualcuno. Poniamo un vero presidio per le ragioni dei cittadini che fruiscono del sistema-giustizia in Italia. Un presidio giuridico, s’intende. Non l’ennesimo intervento politico, l’ennesima trattativa, l’ennesima foglia di fico di un sistema che dovrebbe far vergognare tutti.

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